ventitré anni in circa, si risentì un morbo pestilenziale
tanto inistimabile, che in Roma ogni di ne moriva molte
migliaia.
pigliare certi piaceri, come mi dittava l'animo, pure cau-
sati da qualcosa che io dirò.
giorno della festa volentieri alle anticaglie, ritraendo di
quelle or con cera or con disegno;
anticaglie sono tutte rovine, e infra quelle ditte ruine
cova assaissimi colombi, mi venne voglia di adoperare
contra essi lo scoppietto:
merzio, spaventato dalla peste, mettevo uno scoppietto
in ispalla al mio Pagolino, e soli lui e io ce ne andavamo
alle ditte anticaglie.
te ne tornavo carico di grassissimi colombi.
va di mettere innel mio scoppietto altro che una sola pal-
la, e così per vera virtù di quella arte facevo gran caccie.
e fuora non fu mai specchio da vedere tale.
cevo di mia mano la finissima polvere da trarre, innella
quale io trovai i più bei segreti, che mai per insino a oggi
da nessuno altro si sieno trovati;
ci stendere molto, solo darò un segno da fare maravi-
gliare tutti quei che son periti in tal professione.
si era, che con la quinta parte della palla il peso della
mia polvere, detta palla mi portava ducento passi an-
danti in punto bianco.
traevo da questo mio scoppietto, mostrava di sviarmi dalla
arte e dagli studii mia, ancora che questo fussi la verita`,
in uno altro modo mi rendeva molto più di quel che tolto
mi aveva: il perché si era, che tutte le volte che io anda-
vo a questa mia caccia, miglioravo la vita mia grande-
mente, perché l'aria mi conferiva forte.
natura malinconico, come io mi trovavo a questi piaceri,
subito mi si rallegrava il cuore, e venivami meglio opera-
to e con più virtù assai, che quando io continuo sta-
vo a' miei studii ed esercizii: di modo che lo scoppietto alla
fin del giuoco mi stava più a guadagno che a perdita.
cora, mediante questo mio piacere, m'avevo fatto amicizie
di certi cercatori, li quali stavano alle velette di certi
villani lombardi, che venivano al suo tempo a Roma a
zappare le vigne.
pre trovavono medaglie antiche, agate, prasme, cor-
niuole, cammei; ancora trovano delle gioie, come s'è
dire ismeraldi, zaffini, diamanti e rubini.
catori da quei tai villani avevano alcuna volta per pochis-
simi danari di queste cose ditte; alle quali io alcuna vol-
ta, e bene spesso, sopragiunto i cercatori, davo loro tanti
scudi d'oro, molte volte di quello che loro appena avevano
compero tanti giuli.
guadagno che io ne cavavo, che era per l'un dieci o più,
ancora mi facevo benivolo quasi a tutti quei cardinali
di Roma.
tabile e più rare.
una testa di un dalfino grande quant'una fava da par-
tito grossetta.
sta fusse bellissima, la natura in questo molto sopra fa-
ceva la arte : perché questo smiraldo era di tanto buon
colore, che quel tale che da me lo comperò a decine di
scudi, lo fece acconciare a uso di ordinaria pietra da por-
tare in anello: così legato lo vendé centinaia.
altro genere di pietra: questo si fu una testa del più bel
topazio, che mai fusse veduto al mondo: in questo l'arte
adeguava la natura.
nocciuola, e la testa si era tanto ben fatta quanto inma-
ginar si possa: era fatta per Minerva.
pietra diversa da queste: questo fu un cammeo: in esso
intagliato uno Ercole che legava il trifauce Cerbero.
che il nostro gran Michelagniolo ebbe a dire, non aver mai
veduto cosa tano maravigliosa.
daglie di bronzo, una me ne capitò, nella quale era la
testa di Iove.
na che veduto mai io ne avessi: la testa era tanto ben fatta
che medaglia mai si vidde tale.
scio di alcune figurette simili a lei fatte bene.
di questo da dire di molte gran cose, ma non mi voglio
stendere per non essere troppo lungo.